Ho acquistato La vita bugiarda degli adulti in un pomeriggio di fine novembre quando mi era particolarmente vivida l’asprezza e la fatica del vivere da grandi. Dall’annuncio della data di uscita non avevo pensato ad altro, quindi ho interpretato quello smarrimento come una specie di presagio.
Elena Ferrante è attualmente la scrittrice italiana contemporanea più famosa al mondo, diventata un fenomeno editoriale grazie alla saga letteraria de L’amica geniale. La curiosità era tanta e le aspettative altissime.
Senza voler fare paragoni insensati, posso dire solo che Elena Ferrante è tornata.
Ho dovuto centellinare ogni singola pagina di questa storia, che ancora una volta indaga l’universo femminile, descrivendone con crudezza le fragilità, le ossessioni, il disprezzo di se stessi. Anche in questo romanzo emerge continuamente il tema dell’identità del ruolo femminile nella società, tanto caro alla Ferrante.
Un estratto
««Due anni prima di andarsene di casa mio padre disse a mia madre che ero molto brutta. La frase fu pronunciata sottovoce, nell’appartamento che, appena sposati, i miei genitori avevano acquistato al Rione Alto, in cima a San Giacomo dei Capri. Tutto — gli spazi di Napoli, la luce blu di un febbraio gelido, quelle parole — è rimasto fermo. Io invece sono scivolata via e continuo a scivolare anche adesso, dentro queste righe che vogliono darmi una storia mentre in effetti non sono niente, niente di mio, niente che sia davvero cominciato o sia davvero arrivato a compimento: solo un garbuglio che nessuno, nemmeno chi in questo momento sta scrivendo, sa se contiene il filo giusto di un racconto o è soltanto un dolore arruffato, senza redenzione»
La trama
Giovanna è una ragazza di dodici anni che nasce e cresce al Vomero, quartiere della Napoli bene. La sua è una famiglia di intellettuali che, studiando, si è emancipata dal rione popolare e maligno per vivere una vita di successi e approvazione pubblica. In un freddo pomeriggio d’inverno, Giovanna comincerà a conoscere la vera identità dei suoi genitori, soffiando la polvere da una pila di menzogne ben incastonate tra loro.
Elena Ferrante ci porta di nuovo nella sua città, ma questa volta al Rione Alto, nella zona di San Giacomo dei Capri. Costruisce una cornice estremamente realistica, fatta di strade, palazzi e luoghi che hanno un’esistenza autentica fuori dalle pagine di questo libro.
È forse questo ciò che mi piace della sua scrittura? Non solo: della Ferrante amo la capacità di costruire un mondo intero attorno ai personaggi e di dipingere sentimenti comuni che a volte sono terrificanti. Giovanna scoprirà a sue spese l’incapacità degli adulti di assumersi le responsabilità dei propri inganni. Quelle stesse bugie che sin dall’infanzia raccomandano di non dire.
La spinta emotiva dei romanzi della Ferrante è impressionante: arrivata all’ultima pagina non voglio lasciare Giovanna, oramai sedicenne, e vorrei seguire la sua crescita, partire in viaggio con lei, sapere in che modo i fantasmi che alla fine del libro hanno volti e nomi peseranno sulla sua vita di adulta. Chissà.